lunedì 28 maggio 2012

Onora questo foglio



Onora questo foglio

scrivi solo le parole

che vanno scritte



Onoralo e guardati ogni tanto

allo specchio

e guarda il cielo

e guarda le pozzanghere

e guardati le mani

e guarda Dio su di un

tavolo

sporco di vino

alle 7 del mattino



Onoralo e ricorda

che non potrai mai stare dietro

ai tuoi sogni notturni

ai tuoi sogni estivi

alle tue dolci perversioni

alle tue serenate ubriache

a tutte le storie ascoltate

da tutta la gente incontrata

in tutte le strade del mondo

ai tuoi ricordi in camicia di forza

alle pisciate nei campi di rose

alle tue fughe

ai tuoi ritorni

ai momenti in cui ne hai abbastanza

e a quelli che sai

che non bastera’



Onora questo foglio

dicendo solo quello

che vuoi dire tu

-cucina inondata dal sole

i tuoi pensieri sul lavandino a

scongelare



Onoralo

e se puoi

amalo.


Marco Zangari © 2012




sabato 26 maggio 2012

La lezione di Ammaniti

Ho appena finito di leggere “Fango” di Ammaniti. Era un po’ che non trovavo il tempo di leggere, e mi mancava. Mancandomi anche il tempo, avevo bisogno di qualcosa che scorresse veloce, senza troppi problemi. Quel libro andava benissimo per il mio scopo.
Una volta chiuso il libro mi sono alzato, sono venuto qui in cucina, ho acceso il nuovo portatile e finalmente gli ho tolto quella fastidiosa plastica. Avevo promesso di toglierla solo quando mi sarebbe venuta voglia di scrivere ancora.
Mi sono detto un’altra bugia.

O una mezza veritá, se vogliamo. Non é che ho proprio voglia di scrivere, oggi. Peró ogni volta che leggo uno scrittore che non sa scrivere, o che scrive male, mi dico –perché no? Mi dico –ricomincia. Mi dico –é tutto qui, non vedi?
Allora, per quei dieci minuti, posso smettere di fare la corsa su me stesso, smetterla di farmi pressioni per sedermi su questa sedia che mai é stata scomoda come negli ultimi mesi. E questo ovviamente non perché io creda di essere meglio di Ammaniti. Non me ne frega niente di queste gare a chi piscia piú lontano.
So che carte ho in mano, per questo posso stare tranquillo per questi 10 minuti.

Ma poi la tranquillitá passa e m’incazzo, perché mi dico, se sei cosí furbo, com’é che allora non scrivi piú un cazzo? Non é che forse ti piace parlarne e basta? Cosa sono tutte queste scuse che ti sei inventato, cos’é questo blog che hai creato come ennesima fuga?
A questo punto, se siete uno di quei due o tre lettori di questo blog, avrete chiamato giá per un TSO. Darmi dello schizofrenico sarebbe molto facile, e non del tutto errato.
Ma per me é sempre stato cosí: due o tre anime che si prendono a cazzotti, che inventano scuse e poi si sputtanano, che si fanno le peggio cose di nascosto mentre progettano in grande e poi finiscono per impigrirsi davanti ad un tramonto e un bicchiere. Non sono mai riuscito a farle andare d’accordo, e forse questo é uno dei tanti perché al mio scrivere, e anche uno dei suoi obiettivi.

Negli ultimi mesi questo scazzottarsi é stato feroce perché nella mia vita sono successe tante cose, ci sono stati cambiamenti importanti ed io non volevo prenderne coscienza –non perché preoccupato del cambiamento, ma solo perché non me ne fregava niente. Ero diventato un vecchio cinico, scettico su tutto. Ogni passo sembrava inutile.
Poi la Vita, forse per prendermi per il culo in un modo nuovo, ha fatto ripartire i suoi misteriosi meccanismi, e mi sono trovato catapultato in qualcosa che mai avrei immaginato. Ne sono stato risucchiato, e tutto il tempo cercavo di capire questa nuova realtá che mi sembrava irreale, e cercavo di ficcargli dentro questo me stesso che non riuscivo piú a definire.
La scrittura, come sempre, é stata cartina di tornasole di questo scontro di anime, di questo traffico da ora di punta che ho nel cuore, di questo viavai ubriaco che mi gira dietro la fronte. Ho sperato che fosse punto di riferimento stabile in mezzo al tutto che cambiava, ma non avevo capito niente. Lo scrivere doveva cambiare con me, anzi PRIMA ancora di me, e io dovevo stargli dietro e poi notare, tra paragrafi e frasi, i punti riannodati tra le mie diverse anime.

Invece ho provato a ripescare quel vecchio me stesso, che era una difesa contro quello nuovo. Mi sono trovato ostacoli e scuse, e poi mi sono fatto delle pressioni incredibili.
Le peggiori condizioni, per uno che vuole provare a creare.
Soprattutto, ho lasciato che la scrittura scivolasse via dalla mia presa, come un amico caro di cui perdi i contatti e ti riprometti sempre di farti vivo, ma in fondo sai che non succederá.
Ho lasciato l’altro blog a tenere viva questa illusione, mentre dentro di me recitavo requiem e mi trovavo dei piani B per la vecchiaia.

Ma il libro di Ammaniti mi ha riportato qui, al punto di partenza (e certo non per il suo contenuto). Mi ha ricordato che alla fine, che cazzo, é tutto molto piú semplice di come la sto facendo io. Che nello scrivere come nel vivere, é inutile darsi addosso, inutile seguire strade non nostre, inutile forzare quello che non vogliamo fare.
Che tutte e due le cose sono piú naturali di quelle che pensiamo e spesso vogliamo –nel bene e nel male.
Che in tutte e due, ovviamente, e’ sempre il caso di farsi due risate e non prendersi troppo sul serio.

E quindi si riparte (per l’ennesima volta), quindi ci si crede ancora, quindi vediamo come va a finire questa nuova rivoluzione.
Il blog riparte, sempre se non mi internano prima assieme alle mie due o tre anime.

E per il povero Ammaniti, diciamo che i personaggi che crea a volte sono parecchio credibili, che quando non cede alle caricature allora li puoi quasi sentire parlare. In piú il libro é del 1996, e l’editing che gli hanno fatto era agghiacciante. Magari in questi 16 anni ha imparato a scrivere.
Non si puó mai sapere, no?