domenica 8 aprile 2012

Parlare forte e chiaro

Qualunque aspirante scrittore, una volta scelta la storia da raccontare, si trova prima o poi ad un bivio: come raccontarla?
Banalizzando all’estremo, c’è la via facile e quella difficile. O, se siete dei geni della parola, sono tutt’e due facili, e buon per voi.
La via facile è dire quello che pensate gli altri vogliano sentirsi dire, nel modo in cui vogliono sentirselo dire. E’ una via che si rifà molto alle mode del momento, alle tendenze letterarie moderne e classiche, ma non solo. Scrivere in questo modo è, per dirla alla Bukowski, “spacciare parole” piuttosto che creare. Non c’è niente di nuovo, di originale, soprattutto non c’è niente di GENUINO.
Scrivere in questo modo è come mentire.
Fa contenti tutti, però, la maggior parte delle volte. Magari perchè, a furia di voler compiacere, state dicendo delle cose che piacciono. Bene. Non c’è una legge contro una cosa del genere. Cavoli vostri.
Ma c’è la possiblità che stiate facendo tutti contenti tranne uno, cioè voi stessi. Non state esprimendo niente di quello che vi interessa, non state aprendo il vostro mondo. Come quelle uscite di gruppo il sabato sera, che nel momento in cui tornate a casa vi viene da pensare –ma io C’ERO stasera?
Potrebbe anche andarvi bene. Se vi guardate intorno, è pieno di scrittori di questo genere che vengono migliaia di copie. Centinaia e centinaia di pagine nelle quali tutti si possono ritrovare, perchè l’autore sta facendo contenti tutti non dicendo niente. Le stesse parole gli stessi concetti le stesse battute, ripetute ancora una volta. Sono gli stessi che sono sempre pieni di amici (o presunti tali), e con ognuno di loro hanno lo stesso identico rapporto e dicono le stesse cose e un nome vale l’altro.
Sì: la via facile, alla fine, è facile davvero.

Poi c’è quell’altra. Quella che, sì insomma, non basta parlare di cose che gli altri vogliono, ma devi parlare di cose che vuoi TU, nel modo che vuoi TU.
Ovviamente non è tutto qui, anche se già questo necessita una certa dose di coraggio –perchè di trappole di autocompiacimento e di trucchetti ce ne sono in ogni riga. Dire DAVVERO quello che vuoi dire è già un buon inizio, ma non basta.
Fosse così, tutti quelli che tengono un diario potrebbero virtualmente essere degli scrittori in potenza. Grazie a dio, le cose non stanno così.
Una volta scelta la storia e il modo, c’è bisogno di due altri ingredienti ugualmente importanti: il talento e la verità.
Sul talento se ne può parlare per ore, ma il succo è questo: se non siete capaci, lasciate perdere. Tornate al diario di cui parlavamo prima. Ci sarà di sicuro qualcosa che vi riesce meglio, come i massaggi tantrici o le insalate di tonno. Fate quello.
Per la verità, beh, a quella ci possiamo arrivare. E lo so che suona apocalittica come parola, come da giudizio finale. Per verità intendo il modo in cui tenete alla vostra storia. In cui la SENTITE. In cui ogni personaggio è PER VOI vivo e reale, che respira e sbaglia e s’innamora e si deprime e fa una vita di merda proprio come tutti.
Sembrerebbe facile, ma in realtà sono i cazzi peggiori. Perchè se state raccontando quella storia per fare contento qualcuno, per farvi belli delle vostre (presunte) capacità, per passare da scrittori e basta, allora ogni paragrafo sembrerà di cartapesta. Si può quasi vedere lo SFORZO che fate per andare avanti ad ogni riga, ed è terribile. La buona letteratura, quella che ti fa star bene, è quella che sembra nata senza sforzo, con le parole che scivolano via e portano con sè istinti emozioni passioni di quelle vere.
Ecco perchè la vostra storia dovrebbe essere VERA, anche quando parla di cani che si masturbano nello spazio. E’ lo scopo finale della scrittura stessa: dire quello che si vuole dire nel modo in cui va detto.
Come parlare con quel certo amico che sai che capirà.
Ma starà a voi farvi capire. Parlare forte e chiaro, come se state mandando un SOS. Niente ambiguità, niente frasi ad effetti conservate per il finale. Niente trucchetti da quattro soldi, come diceva Carver. Lasciate da parte virtuosismi e sinonimi: se la vostra storia non ha le palle, allora lasciatela lì dove deve marcire, cioè nel vostro cassetto o in una cartella sul desktop.
Non a tutti piacerà quello che avete da dire –anzi, molte volte non piacerà quasi a nessuno (ma di questo parleremo un’altra volta), ma non è questo il punto. Non è per questo che avete deciso di saltare la vostra scopata serale per mettervi al computer.
Non dovete dire le cose che piacciono: dovete dire solo quello che dovete e volete dire. Sentendo ogni virgola, ogni accento, ogni sfumatura del vostro discorso.
Non abbiate paura: se parlerete forte e chiaro, lettori e amici capiranno.
E se non succede, c’è sempre la via facile. Sta a voi.
Così, quando vi appresterete a scrivere la prossima riga, dovrete pensare: per chi lo sto facendo?
C’è solo una risposta giusta.